Il campionato più brutto del mondo

Partiamo dal campionato della Fiorentina: a 4 giornate dalla fine ed un calendario abbordabile (molto simile fra l’altro  a quello dello scorso anno) potremmo arrivare a 70 punti o poco meno, che negli anni passati ha significato minimo quarto posto e che un anno fa ci ha fatto sognare la champion fino a pochi minuti dalla fine. Quest’anno invece questi punti sanno di delusione: ad oltre 30 punti dalla prima, a 20 dalla seconda e soprattutto a 10 dalla terza posizione, i giochi in testa, per i posti che contano, sono fatti. Tutti i media si stanno concentrando sul campionato strepitoso di Juve e Roma, il traguardo mitico dei 100 punti, il record di vittorie della squadra di Garcia. Cerchiamo però di capire meglio: fra la Juve e la zona salvezza ci sono oltre 60 punti, distacco superiore di almeno 10 punti rispetto ai principali campionati europei; si potrebbe pensare allora che le nostre squadre di testa siano il top a livello europeo, ma purtroppo la realtà ci dice che la Juve, buttata fuori ai gironi Champion dal Galatasaray, riesce a malapena ad avere un ruolo di primo piano in Europa League, il Napoli neppure qui, mentre la Roma non ha neppure giocato le coppe. E allora ci rendiamo conto che quello italiano è diventato davvero il campionato più brutto del mondo, non più in grado di supportare un torneo a 20 squadre a causa di un divario economico e politico non più sostenibile all’interno della stessa categoria. Tre anni fa il sorpasso della Germania nel ranking Uefa ci faceva quasi urlare allo scandalo, invece di costringerci ad un vero processo di autocritica e di riorganizzazione totale… oggi il distacco è lampante, sconcertante, disarmante e rischiamo di scendere ancora nel ranking. Ma il governo del calcio… i soliti nomi del governo del calcio, gli stessi club del governo del calcio rimangono ancorati a quelle regole che in qualche modo li àncora al potere, come la ripartizione dei diritti televisivi completamente iniqua, come la gestione della classe arbitrale “più preparata” del mondo, come le leggi sugli stadi volutamente abbandonati a favore del calcio in TV, come la mancata tutela dei vivai. E come accade quando le alte cariche sono paralizzate, la rivoluzione può partire solo dal basso, ovvero dai tifosi che, indignati dallo spettacolo scadente offerto a prezzi spropositati, facciano cadere le poche certezze del calcio italiano e si riapproprino di questo sport, oggi in mano a decine di pseudo giornalisti, ex calciatori in cerca d’autore e dirigenti dal comportamento e dalle capacità veramente discutibili.