Capisco molto bene il desiderio di tutti i tifosi di poter vedere da vicino i giocatori viola, assistere agli allenamenti, apprendere direttamente lo stato di forma fisica e psicologica della squadra… ed oggi avendone la possibilità anche io non mi sono fatto sfuggire l’appuntamento con il “porte aperte” del Franchi, all’antivigilia della prima di campionato e della sfida allo Stadium. Premetto che mi sono divertito, che ho scattato foto, che ho assistito con interesse alle esercitazioni tattiche dettate da Sousa & Co. L’appuntamento però mi è servito a confermare quella che era prima solo una sensazione, ovvero che nel calcio di oggi non c’è spazio per l’amarcord e per le porte aperte sistematiche: come detto è stata una serata divertente, ma per la squadra si è trattato di una sgambata, di esibizione ed applicazioni di esercizi per casa… poco più. E’ evidente infatti che fra i giocatori ed i tifosi in questi eventi ci sono pochi metri, ma infinite modalità di comunicazione; c’è un mondo social pronto a carpire ed amplificare tutto; c’è un ritorno diretto che i giocatori (che sono nonostante tutto catalogabili come giovani) subiscono con una sensibilità maggiore a quello che poteva succedere 30 anni fa. C’è tutto questo per rendere la seduta “poco seria”. Per questo appoggio la linea societaria (che certo non è solo della Fiorentina) delle porte chiuse, perché voglio che Sousa sia libero di allenare, di arrabbiarsi con tizio e caio, di provare varianti che possono sorprendere le squadre avversarie; voglio che i giocatori pensino ad allenarsi al meglio e non far arrivare messaggi anche subliminali ai tifosi; voglio che la squadra viva senza condizionamenti esterni gli stati di euforia e di nervosismo complessivo o personale, perché alla fine la domenica in campo ci sono loro e non i tifosi e fra loro più problemi sono stati risolti durante gli allenamenti e meno ce ne saranno da risolvere durante la gara. E cosa certo non meno importante, in questi appuntamenti estemporanei c’è maggiormente il rischio che assumano più forza messaggi/slogan derivanti dai gruppi più intraprendenti di tifosi: come per esempio “Per poter vincere, bisogna spendere”, che alla fine è anche un concetto giusto, ma che durante le sedute di allenamento della squadra può rivelarsi anche un modo diretto o indiretto per far creare alibi a tecnico e giocatori. So che molti tifosi e gran parte dei media la pensano diversamente, ma io sostengo il porte chiuse perché alla fine consente di responsabilizzare maggiormente tecnico e calciatori. Detto questo, visto che c’ero, butto li la mia considerazione più importante su quanto visto: i nostri giocatori ed in particolare le nostre punte dovrebbero mostrare più cattiveria anche in allenamento per occasioni sotto porta: perché porte chiuse non deve essere lo slogan dei nostri avversarsi, ma solo il bunker in cui la squadra deve prepararsi al meglio per le gare ufficiali… conpreso la ricerca della determinazione e della rabbia per riuscire a sfondare le porte chiuse degli avversari.
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