Dopo aver visto Pedro centravanti del Brasile eliminato ai quarti e Pezzella campione del mondo (che calcio è mai questo?), siamo pronti per la seconda parte del campionato.
Non ho visto un’amichevole, non ho seguito il fanta-calcio-mercato, non mi sono fatto trascinare nei labirinti dei giornalai venditori di niente, una volta vendevano fumo, oggi non vendono più niente. Un pensiero vorrei dedicarlo a Mario Sconcerti, almeno è stato giornalista quando i quotidiani erano più letti dei siti web, ha avuto la sua buona dose di successo professionale, ha amato, a modo suo, la Fiorentina.
Siamo ancora alla ricerca di un centravanti, abbiamo appena venduto Maleh, che aveva fatto benino l’anno scorso ma non ha saputo confermarsi quest’anno, aspettiamo nuovamente in campo Castrovilli come salvatore della patria e rischiamo di non avere a disposizione le nostre ali più forti Nico e Sottil per un altro mese abbondante.
Però ora Italiano ha cambiato schema, pare che siamo passati al 4-2-3-1, e questa è l’unica nota positiva del nuovo anno, perché si fa presto a leggerlo 4-4-2.
Ah dimenticavo, ora sono tutti a stracciarsi le vesti per Amrabat, quando per un anno è stato solo il “cocco del Presidente”. Io mi allineo a Pino Vitale, se ci danno 50 milioni lo porto in spalla a Liverpool.
Tutto questo contro il Monza, squadra in salute e senza pensieri, pronta a giocare chiusa e lottare su ogni pallone alla prima del nuovo anno, giornata storicamente foriera di risultati negativi. Insomma, gli scongiuri sono d’obbligo. La speranza è che i giocatori del Monza si siano fatti ingolosire dal pullman pieno di t. pronto fuori dello spogliatoio per una vittoria contro una grande: Milan, Juventus, Inter.
Noi non siamo una grande e magari risparmieranno le energie, per le grandi e per le t.
Mi associo al pensiero per Mario Sconcerti, definito giustamente un amante a modo suo della Fiorentina. Da Fiorentino verace ha sempre cercato la dialettica e non il consenso e in questo modo dava sempre chiavi di lettura quanto meno da analizzare. Come dice Simone, un giornalista di altri tempi, che forse chiude proprio la generazione Brera.