Paulo Sousa è sotto i riflettori e soprattutto sottoesame e lui lo sa benissimo. D’altra parte in campionato la Fiorentina sta facendo molta fatica e non riesce a trovare una sua identità ed anche questo ovviamente Sousa lo sa bene. Però è da agosto che ci concentriamo molto sui singoli: siamo partiti dal problema portiere, ci sono stati mille dibattiti sul caso Bernardeschi, poi il problema reti per Kalinic, la non forma dei senatori, in particolare Borja e Gonzalo, Ilicic che non si ritrova, Badelj confuso ed infelice, Tello che gira a vuoto, insomma una squadra senza santi a cui appigliarsi e soprattutto un alibi continuo per il non gioco della Fiorentina. E allora fa bene Sousa (che quantomeno continua a rimanere lucido almeno nelle conferenze… ed è già qualcosa) a sottolineare che deve essere la squadra a sostenere il singolo, non il contrario. Certo questo dipende in primis da lui, magari ricorrendo a schemi che non creino troppa confusione nei giocatori in campo ed il giusto equilibrio alla squadra. Però è importante il concetto che, anche se per qualche giocatore non è un momento ottimo, l’impegno di tutti deve essere focalizzato sulla squadra, sull’idea di gioco che si vuole mettere in campo e non sulla propria prestazione e sulla voglia di strafare per la squadra: correre per essere nel posto migliore per aiutare i compagni e creare gioco deve essere l’atteggiamento per il motto “la squadra per il singolo”. A Sousa il compito di trovare degli schemi che consentino ai giocatori della Fiorentina di essere sempre molto vicini, sulle linee e fra i reparti… perché noi non abbiamo fuoriclasse ed i nostri, se isolati, sono tutti praticamente innocui. Il centrocampo a 3, sia nelle versioni 3-5-2, sia nelle versioni 4-3-3, sembra quello che più consente ad oggi di mantenere maggiormente le distanze, secondo me in modo anche abbastanza indipendente dagli interpreti.
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